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Pensare a sé stesse non è egoismo. È amor proprio.

L’eziologia del fraintendimento

L’idea che pensare a sé stesse sia egoismo affonda le radici in una cultura che ha storicamente premiato l’abnegazione, il sacrificio e la rinuncia come virtù morali.


Per secoli, soprattutto alle donne, è stato insegnato che la bontà coincide con la disponibilità infinita, che il valore si misura nella dedizione, e che la fatica è il prezzo della dignità.


Nell’eziologia del concetto, il termine egoismo nasce come deviazione patologica dell’attenzione verso il sé, contrapposta all’altruismo.


Ma questa dicotomia è fuorviante.


Perché esiste una differenza sostanziale tra l’ego che si impone e il sé che si cura.


Nel linguaggio comune, dire “mi prendo cura di me” può suonare come una chiusura.


Ma in realtà è un’apertura: verso la propria autenticità, verso relazioni più sane, verso una vita più consapevole.


Lacan e il desiderio come specchio

Jacques Lacan ci insegna che l’essere umano si forma nello stadio dello specchio: quel momento in cui il bambino si riconosce in un’immagine esterna e comincia a costruire il proprio Io in relazione a ciò che vede riflesso.


Da allora, cerchiamo per tutta la vita un riflesso che ci confermi.


E spesso, quel riflesso coincide con lo sguardo dell’Altro, genitori, partner, società, che ci vuole forti, utili, impeccabili.


Pensare a sé stesse, in questa prospettiva, significa rompere lo specchio.


Significa smettere di vivere per l’immagine riflessa e iniziare a vivere per sé.


L’amor proprio, da un punto di vista psicoanalitico, è un gesto rivoluzionario: il tentativo di riappropriarci di ciò che ci è stato alienato, di riconnetterci con un desiderio nostro, non preso in prestito.


Non è egoismo. È riconquista del desiderio.


L’esistenzialismo e la responsabilità dell’essere

Per Sartre, l’uomo è “condannato a essere libero”.

Non esiste un’essenza predeterminata: siamo ciò che scegliamo di essere, ogni giorno.


E scegliere sé stesse è l’atto più responsabile che si possa compiere.


Amarsi non è fuga dalle responsabilità , è l’unico modo autentico di assumersele.


Perché chi si trascura finisce per agire per dovere, non per scelta.


E il dovere, quando non nasce dal desiderio, si trasforma in peso, in colpa, in stanchezza.


In chiave esistenzialista, l’amor proprio è riconoscimento che la nostra esistenza ha valore in sé, indipendentemente da ciò che gli altri si aspettano da noi.


È dire: “Io esisto. E ho il diritto di essere felice.”


Dal pensiero all’azione

Molte delle donne che incontro vivono una tensione silenziosa: desiderano pace, ma si sentono in colpa nel cercarla.


Hanno interiorizzato l’idea che la fatica nobiliti, che la pausa sia un lusso e la tenerezza una debolezza.


Eppure, la cura che nasce dal sacrificio non è cura.

È sopravvivenza.


L’amor proprio è un atto di lucidità: riconoscere che non possiamo dare ciò che non abbiamo, e che la presenza verso gli altri diventa autentica solo quando smettiamo di tradire noi stesse.


Pensare a sé non significa togliere amore al mondo.


Significa restituirgli autenticità.


Scegli te stessa, oggi

Se questo articolo ha risuonato con te, è perché dentro di te c’è già una voce che sussurra: “Basta compiacere. È tempo di vivere.”

Ascoltala.


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Non è egoismo voler stare bene. È amor proprio. È lucidità. È vita che torna verso casa.

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