Pensare a sé stesse non è egoismo. È amor proprio.
- Dott.ssa Maddalena Boscaro
- 21 ott
- Tempo di lettura: 3 min
L’eziologia del fraintendimento
L’idea che pensare a sé stesse sia egoismo affonda le radici in una cultura che ha storicamente premiato l’abnegazione, il sacrificio e la rinuncia come virtù morali.
Per secoli, soprattutto alle donne, è stato insegnato che la bontà coincide con la disponibilità infinita, che il valore si misura nella dedizione, e che la fatica è il prezzo della dignità.
Nell’eziologia del concetto, il termine egoismo nasce come deviazione patologica dell’attenzione verso il sé, contrapposta all’altruismo.
Ma questa dicotomia è fuorviante.
Perché esiste una differenza sostanziale tra l’ego che si impone e il sé che si cura.
Nel linguaggio comune, dire “mi prendo cura di me” può suonare come una chiusura.
Ma in realtà è un’apertura: verso la propria autenticità, verso relazioni più sane, verso una vita più consapevole.
Lacan e il desiderio come specchio
Jacques Lacan ci insegna che l’essere umano si forma nello stadio dello specchio: quel momento in cui il bambino si riconosce in un’immagine esterna e comincia a costruire il proprio Io in relazione a ciò che vede riflesso.
Da allora, cerchiamo per tutta la vita un riflesso che ci confermi.
E spesso, quel riflesso coincide con lo sguardo dell’Altro, genitori, partner, società, che ci vuole forti, utili, impeccabili.
Pensare a sé stesse, in questa prospettiva, significa rompere lo specchio.
Significa smettere di vivere per l’immagine riflessa e iniziare a vivere per sé.
L’amor proprio, da un punto di vista psicoanalitico, è un gesto rivoluzionario: il tentativo di riappropriarci di ciò che ci è stato alienato, di riconnetterci con un desiderio nostro, non preso in prestito.
Non è egoismo. È riconquista del desiderio.
L’esistenzialismo e la responsabilità dell’essere
Per Sartre, l’uomo è “condannato a essere libero”.
Non esiste un’essenza predeterminata: siamo ciò che scegliamo di essere, ogni giorno.
E scegliere sé stesse è l’atto più responsabile che si possa compiere.
Amarsi non è fuga dalle responsabilità , è l’unico modo autentico di assumersele.
Perché chi si trascura finisce per agire per dovere, non per scelta.
E il dovere, quando non nasce dal desiderio, si trasforma in peso, in colpa, in stanchezza.
In chiave esistenzialista, l’amor proprio è riconoscimento che la nostra esistenza ha valore in sé, indipendentemente da ciò che gli altri si aspettano da noi.
È dire: “Io esisto. E ho il diritto di essere felice.”
Dal pensiero all’azione
Molte delle donne che incontro vivono una tensione silenziosa: desiderano pace, ma si sentono in colpa nel cercarla.
Hanno interiorizzato l’idea che la fatica nobiliti, che la pausa sia un lusso e la tenerezza una debolezza.
Eppure, la cura che nasce dal sacrificio non è cura.
È sopravvivenza.
L’amor proprio è un atto di lucidità: riconoscere che non possiamo dare ciò che non abbiamo, e che la presenza verso gli altri diventa autentica solo quando smettiamo di tradire noi stesse.
Pensare a sé non significa togliere amore al mondo.
Significa restituirgli autenticità.
Scegli te stessa, oggi
Se questo articolo ha risuonato con te, è perché dentro di te c’è già una voce che sussurra: “Basta compiacere. È tempo di vivere.”
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Non è egoismo voler stare bene. È amor proprio. È lucidità. È vita che torna verso casa.



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