Non sei sbagliata: sei solo stanca (e troppo brava)
- Dott.ssa Maddalena Boscaro
- 20 ott
- Tempo di lettura: 1 min
“Mi sforzo sempre di più e non basta mai.”
“Mi sento invisibile, anche quando do tutta me stessa.”
“Vorrei dire di no, ma mi sento in colpa.”
“Mi sento troppo stanca per continuare a essere forte.”
Sono frasi che ho raccolto in questi giorni parlando con donne tra i 30 e i 50 anni: professioniste, madri, amiche, figlie. Donne che funzionano bene, che reggono tutto, che raramente si fermano.
Eppure, sotto quella competenza, c’è spesso una stanchezza sottile, una voce che sussurra: “non ce la faccio più a essere sempre all’altezza.”
Questa voce, in fondo, è un segno di vita psichica: è il momento in cui l’Io performante si incrina e lascia affiorare la parte più autentica, quella che chiede ascolto.
In psicoanalisi potremmo dire che è il ritorno del soggetto, quando il “devo essere” si allenta e riemerge il “voglio esistere”.
Questa stanchezza non è un difetto da correggere.
È un atto di lucidità , il corpo e la mente che ci avvisano che è tempo di smettere di funzionare e ricominciare a sentire.
Non serve essere perfette per meritare pace.
A volte bastano cinque minuti di respiro gentile per ricordarci che ci siamo anche noi.
Se vuoi iniziare da lì, ho scritto una mini-guida gratuita:“5 minuti senza colpa (e senza dover fare nulla)” — un piccolo esercizio per disinnescare l’automatismo del “dover fare” e riscoprire il diritto di fermarti.


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